Qualche settimana fa, purtroppo, la Lombardia è tornata in zona rossa ed è ricominciata la Dad. Le lezioni in Dad, come si sa, sono grigie, noiose, i ragazzi si distraggono e chi andava male già in presenza smette completamente di studiare, chi andava bene, inizia ad arrancare. In questi giorni di Dad è caduta la ricorrenza della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia e tutte le classi – le classi virtuali – alle undici erano tenute ad osservare un minuto di silenzio. Delle volte, trasgredire alle regole è utile: una professoressa di italiano dell’istituto ha proposto a tutte le classi la lettura di una poesia, una poesia che, mi sembra, è riuscita a ricordare meglio del silenzio cosa è un’epidemia e cos’è la morte. Una poesia che adesso io decido di leggere a voi:
Non mi rassegno a rinchiudere cuori pieni d’amore nella dura terra.
Così è, e così sarà, perché così è stato, da tempo immemore:
Nel buio se ne vanno, i saggi e gli amati. Coronati
Di gigli e di alloro se ne vanno; ma non me ne rassegno.
Amanti e pensatori, andate sotto terra.
Tornate tutt’uno col fango, con la polvere indifferente.
Un frammento di ciò che avete provato, di ciò che avete conosciuto,
Una formula, una frase rimarrà, — ma il meglio è perduto.
Le risposte rapide e attente, lo sguardo onesto, il riso, l’amore, —
Se ne sono andati. Andati a dar linfa alle rose. Eleganti e aggraziate
Fioriscono. Odorose fioriscono. Lo so. Ma non l’approvo.
Era più preziosa la luce nei tuoi occhi che tutte le rose del mondo.
Giù, giù, giù nel buio della tomba,
Vanno quieti i belli, i dolci, i gentili;
Vanno silenti gli intelligenti, gli arguti, gli audaci.
Lo so. Ma non l’approvo. E non mi rassegno.
(Canto funebre senza musica di Edna St. Vincent Millay).
© Riproduzione riservata